THOMAS STEARNS ELIOT
(1888
- 1965)
<
La terra desolata>
(The
waste land, U.S.A., 1922)
<< Città irreale,
Sotto la nebbia bruna di un’alba d’inverno,
Una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta,
Ch’io non avrei mai creduto che morte tanta n’avesse disfatta.
Sospiri, brevi e infrequenti, se ne esalavano,
E ognuno procedeva con gli occhi fissi ai piedi.
Affluivano su per il colle e giù per la King William Street,
Fino a dove Saint Mary Woolnoth segnava le ore
Con morto suono sull’ultimo tocco delle nove.
Là vidi uno che conoscevo, e lo fermai, gridando: “Stetson!
“Tu che eri a Mylae con me, sulle navi!
“Quel cadavere che l’anno scorso piantasti nel giardino,
“Ha cominciato a germogliare? Fiorirà quest’anno?
“Oppure il gelo improvviso ne ha danneggiato l’aiola?
“Oh, tieni il Cane a distanza, che è amico dell’uomo,
“Se non vuoi che con l’unghie, di nuovo, lo metta allo scoperto!
“Tu, hypocrite lecteur! – mon semblable, – mon frère... >>
THOMAS STEARNS ELIOT, The waste land, I. 'The burial of the dead', vv. finali - nella traduzione di Roberto Sanesi (1961)
SCHEDA TECNICA
TITOLO
ORIGINALE
The
waste land
TITOLO
NELLA TRADUZIONE ITALIANA
La
terra desolata
AUTORE
Thomas
Stearns Eliot
(Saint Louis, U.S.A., 26 settembre 1888 - Londra, G.B., 4 gennaio 1965)
(Saint Louis, U.S.A., 26 settembre 1888 - Londra, G.B., 4 gennaio 1965)
LINGUA
ORIGINALE
Inglese
PERIODO
DI COMPOSIZIONE
Tra dicembre 1921 e gennaio 1922,
presso una clinica psichiatrica a Losanna, Svizzera,
dov’era stato ricoverato per un forte esaurimento
nervoso
1^
EDIZIONE ORIGINALE
Ottobre
1922 sulla rivista britannica The
Criterion (senza le Note);
Dicembre
1922 in volume (con le Note) per Boni & Liveright Publishers, N.Y., U.S.A.
1^
EDIZIONE ITALIANA
Nel 1932, sulla rivista genovese Circoli, nella traduzione di Mario Praz (che apparirà in volume nel '49)
ATTUALI (MIGLIORI)
EDIZIONI E TRADUZIONI ITALIANE
< T. S. Eliot, La terra desolata, Frammento di un agone, Marcia trionfale,
traduzione e a cura di Mario Praz,
Ed. Fussi, Firenze 1949 - poi Einaudi, Torino, 1963 >
Ed. Fussi, Firenze 1949 - poi Einaudi, Torino, 1963 >
< T. S. Eliot, Poesie,
prefazione e traduzione di Roberto Sanesi,
Bompiani, Milano 1961 >
Bompiani, Milano 1961 >
< T. S. Eliot, La terra desolata,
introduzione e traduzione di Alessandro Serpieri,
Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1982
Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1982
(questa è l'unica edizione italiana "integrale", cioè includente
sia la versione originale che quella attuale) >
GENERE
COMPOSITIVO
Poesia
STILE, FORMA, CONTENUTO
Nella stesura originale il poemetto era piuttosto lungo, pleonastico e prolisso – fu l’amico, connazionale e Maestro Ezra Pound, al quale Eliot inviò il dattiloscritto, che revisionò e ridusse l’opera di parecchi versi (com’è nella sua forma attuale - Pound stesso definì questo drastico taglio come “operazione cesarea”). Eliot fu soddisfatto dell’intervento poundiano al punto di dedicargli nel ‘23 The waste land quale “al miglior fabbro” (espressione presa da Dante, che chiamava così il poeta provenzale Arnaut Daniel nel Canto XXVI del Purgatorio). Per chi voglia approfondire, è oggi facilmente reperibile la versione originale - insieme a quella attuale, nell’edizione curata e tradotta da Alessandro Serpieri per Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1982.
È significativo il titolo: la terra desolata altro non sarebbe che la terre gaste dei poemi epici cavallereschi: un territorio quindi “desolato”, appunto, che conduce i cavalieri al Graal (tra i simboli più ricorrenti nel poemetto), qui “modernizzato”, ovvero applicato al mondo moderno - in chiave “neodecadente” (Eliot era un grande estimatore della poesia simbolista francese, cui attingeva a piene mani, prima di approfondire Dante, la poesia provenzale, la filosofia orientale - grazie a Pound - e la mistica cristiana - grazie alla propria improvvisa conversione alla Chiesa Anglicana); cioè al posto di cavalieri, draghi, lebbrosi e damigelle troviamo qui tutta una sequela di personaggi decisamente contrastanti, tra il Mito (p.es. Flebas il Fenicio, l’indovino Tiresia, il Re Pescatore, Odisseo, i vari echi dall’antico Giudaismo, dai Veda, dalla Commedia dantesca, dalle tragedie shakespeariane, dalla poesia romantica inglese, dall’epopea omerica, e via dicendo) e la grigia opaca modernità, rappresentata da impiegati di banca infoiati di capitale, cittadini mediocri, borghesi falliti e aristocratici declassati (alterego dei vari precedenti personaggi eliotiani: Sweeney, J. Alfred Prufrock, Klipstein, Krumpacker, Burbank, Bleistein, Doris, etcetera); personaggi trattati con la stessa enfasi sarcastica e “metropolitana” di autori da Eliot sempre amati - anche dopo la conversione - quali Baudelaire e Laforgue. Quindi al centro di tutto il poema vi è la crisi della civiltà occidentale, la caduta dei valori determinata sia dalla disastrosa (appena conclusasi) Prima Guerra Mondiale e sia dal fallimento della “modernità” (secondo i modelli di allora: quello sovietico “iperindustrializzato” e quello statunitense “iperconsumistico”) - riproposta con toni decisamente scettici e “antimoderni” (Eliot si definiva <<classicista in letteratura, monarchico in politica e anglo-cattolico in religione>>) che ricordano non poco la filosofia di Evola e Guénon (che proprio in quegli anni cominciavano a pubblicare), anche se, paradossalmente, Eliot sarà il poeta più rappresentativo del cosiddetto “modernismo” inglese (ruolo probabilmente ereditato dal suo ingombrante Maestro, l'avanguardista, repubblicano/repubblichino e orientalista Ezra Pound)…
Lo stile di The waste land è quello tipico del “modernismo”, appunto, e che poggia soprattutto sulla teoria eliotiana del “correlativo oggettivo” (<<Una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un'emozione particolare>> - è noto l’enunciato eliotiano a proposito dei poeti metafisici inglesi del Seicento: <<Bisogna sentire come loro il proprio pensiero immediatamente come il profumo d'una rosa>>): mix di simboli, di termini mutuati da altre lingue e idiomi, di differenti registri verbali e sintattici (dal più ‘aulico’ al più ‘rozzo’ – Non a caso, inizialmente The waste land avrebbe avuto tra i suoi probabili titoli He Do the Police In Different Voices = ‘Egli fa la polizia con voci diverse’, citazione dal romanzo Our mutual friend di Dickens, proprio per indicare la “pluricoralità” del poemetto); quindi un silenzio desolante che contrasta con un parlottìo continuo e incessante (più o meno come l’immediata percezione del lettore di fronte all’Inferno dantesco); citazioni (o “furti” come le chiama Eliot - secondo uno dei principî fondamentali del canone eliotiano <<il poeta maturo ruba, il poeta dilettante imita>>) da altre opere – per far rivivere in un perpetuo divenire e in una vorticosa decontestualizzazione il Passato nel Presente e il Presente nel Passato; distacco dell’autore da emozioni e sentimenti o quel metodo impersonale ereditato da Flaubert e Baudelaire (e soprattutto da Rimbaud: <<Je est un autre>>) che ha dominato su tutta la letteratura del Novecento; paralleli o fusioni tra letteratura, mito, antropologia, filosofia e psicanalisi; ripudio dei modelli romantici e recupero del barocco-metafisico; la conversione della parola in immagine attraverso l’uso di sintesi, oggettività e concisione che conducano a un’espressività immediata, tout-court, il percorso ‘pensiero/parola/immagine’, secondo i canoni dell’imagismo poundiano (un po’ più avanti il fedele discepolo Hart Crane scriverà <<the imaged word it is>> = ‘è la parola fatta a immagine’), che poi rievoca il “lampo di luce” dello haiku cinese, di cui Pound fu tra i massimi esperti del Novecento; l’analogia con le tecniche cinematografiche (il cinema proprio in quegli anni è nella sua fase più “sperimentale” e “di ricerca”), magari con l’uso del flashback e del flashforward, il cambio continuo di campi, il sincronismo tra personaggi ed eventi reali o immaginari provenienti comunque da epoche, luoghi e culture differenti, etcetera.
The waste land è suddivisa in cinque movimenti, come in un quartetto musicale (prerogativa che ritornerà nell’ultimo capolavoro di Eliot, Four Quartets): I. The burial of the dead (‘La sepoltura dei morti’) / II. A game of chess (‘Una partita a scacchi’) / III. The fire sermon (‘Il sermone del fuoco’) / IV. Death by water (‘La morte per acqua’) / V. What the thunder said (‘Ciò che disse il tuono’)
Infine, tra i principali elementi che determinarono la gestazione di quest’opera, fu lo studio dell’antropologia - soprattutto quella legata al ritualismo magico, mitico e religioso - che Eliot intraprese nella clinica psichiatrica sul Lemano; due antropologi in modo particolare hanno ispirato Eliot: James Frazer, col suo capolavoro The Golden Bough: A Study in Magic and Religion (1915), che è a tutt’oggi la “bibbia” per antonomasia per tutti gli studiosi di antropologia magico-religiosa in tutto il mondo, e la meno nota Jessie Weston, col suo From ritual to romance (1920), che esamina i racconti del cosiddetto Ciclo Arturiano e la ricerca del Graal in rapporto agli antichi rituali della fertilità e della Dea Madre.
In sintesi, quindi, The waste land è ciò che potremmo definire una “opera totale”, come d’altronde è tipico di tutti i grandi poemi della Storia, dall’epopea omerica al Bhagavadgītā, dalla Commedia dantesca alla Recherche, dalle Illuminations di Rimbaud ai Cantos di Pound, dalla Comédie balzachiana all’Ulysses di Joyce, e via dicendo; nonché è tipico del cinema: ovvero un’opera dove l’Autore cura nei minimi dettagli ogni cosa, dalla parola all’immagine al suono, dal senso al significato, dalla percezione sensoriale alla penetrazione interiore, dalla più raffinata concettualizzazione alla più mera quotidianità, dalla filosofia alla lista della spesa, dal verso aulico all’insinuazione intimistica e persino alla citazione pornografica (come per esempio nell’Ulysses joyciano), dove più o meno tutti i campi dello scìbile e dell’esistenza umana sono chiamati in causa e vivono in perfetta simbiosi, dove davvero si può sentire il proprio pensiero immediatamente come il profumo d'una rosa, per dirla con lo stesso Eliot…
MENU
I. The burial of the dead (La sepoltura dei morti) -
II. A game of chess (Una partita a scacchi) -
III. The fire sermon (Il sermone del fuoco) -
IV. Death by water (La morte per acqua) -
V. What the thunder said (Ciò che disse il tuono) -
INFLUENZE IMMEDIATE E
SUCCESSIVE
Tutta la letteratura mondiale del Novecento - per lo meno è in buona parte debitrice, nel bene o nel male, in poesia alla Scuola Simbolista francese e a Eliot e Pound, in prosa a Proust e a Joyce - in Italia, soprattutto l'amico/nemico (estimatore/detrattore) Montale. È davvero difficile stabilire quali autori e quali scuole e correnti siano stati maggiormente influenzati, quali opere siano state maggiormente pregnate, sia nella poesia e sia nella critica letteraria (quindi nella prassi e nella teoria) Eliot e Pound sono stati fondamentali, determinanti, onnicoinvolgenti, decisamente dominanti, spesso persino ingombranti. E se aggiungiamo che quest'opera è assolutamente il capolavoro (insieme ai Quartetti) di Eliot, proviamo a pensare quanta influenza abbia avuto sulla poesia del nostro secolo (e quanta ancora ne avrà)...
RIEVOCAZIONI
RECENTI NELLA CULTURA POPOLARE
E CURIOSITÀ ANEDDOTICHE
Anni Sessanta. L'erudito nuorese Antonio Mura (1926 - 1975) traduce in lingua sarda The waste land, che diventa Sa terra desolada...
1969. L'ottava traccia, April, dell'album omonimo (il terzo) dei Deep Purple è dedicata al capolavoro eliotiano, più precisamente al I movimento The burial of the dead, che appunto inizia col celeberrimo tormentone lirico <<April is the cruellest month...>>...
1973. I Genesis omaggiano Eliot e il suo The waste land citando Tiresia, nel brano The Cinema Show, settima traccia del concept Selling England by the pound...
Alcuni versi dell'opera vengono riportati durante la sequenza nel deserto del videogioco Uncharted 3...
1982 - 2012. Lo scrittore americano Stephen King genera la saga The dark tower, ispirandosi alla Terra desolata, oltre che ai romanzi di Tolkien e alla poesia di Browning...
Anni 2000. L'incredibile Nanni Falconi, autentico pastore sardo di Pattada e contemporaneamente instancabile scrittore, conferenziere e traduttore dall'inglese in lingua sarda, ripete l'operazione di Antonio Mura, traducendo The waste land stavolta in sardo logudorese (Mura l'aveva tradotta in sardo nuorese), sempre come Sa terra desolada. Altre opere dello stesso Eliot tradotte in limba da Falconi: Four Quartets (Batoro Cuartetos), The love song of J. Alfred Prufrock (Su cantigu de amore de J. Alfred Prufrock), oltre a Heart of darkness (Coro de iscurigore, 2003) di Joseph Conrad...
SINTESI
BIO-BIBLIOGRAFICA DELL’AUTORE
(con estratti
dall’Enciclopedia Italiana Treccani)
<< Nel 1922, in The Waste Land, Eliot aveva dato espressione al consapevole disorientamento di un'epoca che, iniziatasi colla prima guerra mondiale, può dirsi duri tuttora e non si saprebbe meglio definire che col titolo di un volume dell'Auden, The Age of Anxiety, l'epoca dell'ansia. The Waste Land chiudeva il suo barbarico edificio con alcuni frammenti di poeti del passato, vestigia di una nobile e secolare tradizione di cultura, e con la dichiarazione: “Con questi frammenti io ho puntellato le mie rovine”. The Waste Land voleva essere insomma un edificio di bassa epoca deliberatamente eretto sull'Ultima Thule del pensiero europeo, proprio al limite della desolazione incombente che minacciava di travolgere ogni traccia d'una cultura secolare... >>MARIO PRAZ
<< Che genere di poesia è mai questa? Eliot, erede dell’alta tradizione poetica europea, è l’anello di quella catena di poeti situati tra Poe e Coleridge fino agli ultimi poeti francesi post-surrealisti: un lirico essenziale che scrive in dieci parole quello che i poeti romantici non avrebbero scritto in cento (...) T. S. Eliot ha un tono da grande poeta ma in lui musica e pensiero stentano spesso a mettersi d’accordo. La Terra desolata mi pare unita solo esteriormente, cucita con lo spago... >>
EUGENIO MONTALE
“ ”
<< È un conforto incontrare un'opera d'arte compiuta; spontanea malgrado la sua sottigliezza intellettuale, e priva di ogni pretesa. Si può tranquillamente paragonare l'opera di Eliot con qualsiasi opera poetica scritta in francese, inglese o americano dopo la morte di Jules Laforgue. Il lettore non troverà nulla di meglio, e sarà estremamente fortunato se potrà scoprire molte opere che abbiano metà della perfezione che è in Eliot. (...) Vorrei che il lettore notasse quant'è completa la pittura che Mr. Eliot fa della nostra condizione contemporanea. Egli non si è limitato al ritratto di genere o di società. I suoi “lonely men in shirt-sleeves leaning out of windows” sono altrettanto reali delle sue signore che “come and go / talking of Michelangelo”. I suoi “dormitori pubblici” sono altrettanto “lì” come le sue “four wax candles in the darkened room, / four rings of light upon the ceiling overhead, / an atmosphere of Juliet's tomb”. E, soprattutto, non vi è retorica, sebbene vi siano, nello sfondo, delle letture degli elisabettiani. Fossi un critico francese, esperto nella loro arte elaborata di scrivere dei libri su altri libri, probabilmente andrei discutendo a lungo dei due tipi di metafore dello Eliot: il suo suggerimento semironico, sempre adeguato, e del tutto impossibile ad apprendersi come reale, e la sua precisa e concretamente apprendibile pittura. Sarebbe possibile indicare il suo metodo di esprimere tutta una situazione e metà di un personaggio con tre parole di una frase citata; la sua costante vividità, il suo unire una sottilissima acutezza di osservazione con la sorpresa inaspettata di un cliché rovesciato con effetto sarcastico. È comunque estremamente pericoloso indicare questi espedienti. Il metodo è tutto di Eliot, ma non appena si riduce anche una minima parte di esso ad una formula, qualcun altro, non Mr. Eliot, qualcun altro che manca del tutto delle sue abilità, cercherà subito di far poesia scimmiottando i suoi procedimenti esteriori. E questo imprecisato "qualcuno", inutile dirlo, ne farà un pasticcio... >>
EZRA POUND
da Treccani.it - L'Enciclopedia Italiana
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