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giovedì 8 gennaio 2015
martedì 6 gennaio 2015
5. MORTON SMITH. Jesus the Magician (1978)
MORTON SMITH
(1915 - 1991)
< Gesù Messia o Mago?>
(Jesus the Magician: charlatan or son of God?, U.S.A., 1978)
“ ”
<< “Gesù mago” era l’immagine che avevano di Gesù i primi avversari; “Gesù figlio di Dio” era invece l’immagine che aveva di lui quella parte dei suoi seguaci che infine prevalse; il Gesù vero era l’uomo che con parole e fatti ha dato origine a queste interpretazioni contraddittorie. I vangeli raffigurano “Gesù figlio di Dio”; le opere che invece avevano rappresentato “Gesù mago” sono state distrutte nell’antichità, quando i cristiani presero il controllo dell’Impero Romano. Sappiamo della perdita di quegli scritti grazie a frammenti e a riferimenti che per la maggior parte si trovano nelle opere di autori cristiani. Gli studiosi moderni, nella loro ricerca del Gesù storico tra le righe dell’affabulazione evangelica, hanno per lo più ignorato le testimonianze su Gesù mago, assumendo come fonte solamente i vangeli: un orientamento ben comprensibile. Queste pagine sono un tentativo di correggere tale tendenza, ricostruendo l’immagine perduta attraverso i frammenti recuperati e i materiali di riferimento, soprattutto i papiri magici che la scuola del Nuovo Testamento ha generalmente ignorato… >>
MORTON SMITH, dalla 'Prefazione' dell’autore a Gesù Messia o Mago? (nell'unica traduzione italiana reperibile, in Gremese Editore, Roma 2006 )... >>
SCHEDA TECNICA
TITOLO ORIGINALE
Jesus the Magician: charlatan or son of God?
TITOLO NELLA TRADUZIONE ITALIANA
Gesù Messia o Mago? Indagine sulla vera natura del Nazareno
AUTORE
Morton Smith
(Philadelphia, U.S.A., 29 maggio 1915 - New York, U.S.A., 11 luglio 1991)
(Philadelphia, U.S.A., 29 maggio 1915 - New York, U.S.A., 11 luglio 1991)
LINGUA ORIGINALE
Inglese
PERIODO DI COMPOSIZIONE
Tra il 1974 e il 1977
1^ EDIZIONE ORIGINALE
Jesus the Magician: charlatan or son of God?
Harper and Row Publishers, N.Y., U.S.A., 1978
Harper and Row Publishers, N.Y., U.S.A., 1978
1^ EDIZIONE ITALIANA
Gesù Messia o Mago? Indagine sulla vera natura del Nazareno
Gremese Editore, Roma, 2006 (traduzione non specificata)
ATTUALI (MIGLIORI) EDIZIONI E TRADUZIONI ITALIANE
id.
(in Italia le opere di quest'autore sono oggetto di forte ostracismo sia da parte degli ambienti cattolici, e sia da parte di quasi tutti gli ambienti accademici, non necessariamente legati a istituzioni religiose, ma notoriamente contrari alla diffusione di temi magico-esoterici - cosa molto grave che riduce ulteriormente la considerazione in Occidente di quello che è attualmente tra i Paesi più culturalmente deficitari del mondo, specie relativamente all'editoria e alla divulgazione libraria)
GENERE COMPOSITIVO
Esegesi storico-filologica delle religioni
STILE, FORMA, CONTENUTO
MENU
cap. I. Testimonianze distrutte e problemi irrisolti -
cap. II. Il contesto storico -
cap. III. Le opinioni degli altri: testimonianze dai vangeli -
cap. IV. La parola ai non cristiani: testimonianze oltre i vangeli -
cap. V. Il giudizio dei non cristiani -
cap.VI. I segni di un mago -
cap. VII. Le pratiche magiche dalle testimonianze -
cap. VIII. La prova dei fatti -
(appendice) A. I Farisei nei Vangeli -
(appendice) B. Gesù e i profeti -
cap. II. Il contesto storico -
cap. III. Le opinioni degli altri: testimonianze dai vangeli -
cap. IV. La parola ai non cristiani: testimonianze oltre i vangeli -
cap. V. Il giudizio dei non cristiani -
cap.VI. I segni di un mago -
cap. VII. Le pratiche magiche dalle testimonianze -
cap. VIII. La prova dei fatti -
(appendice) A. I Farisei nei Vangeli -
(appendice) B. Gesù e i profeti -
INFLUENZE IMMEDIATE E SUCCESSIVE
...
RIEVOCAZIONI RECENTI NELLA CULTURA POPOLARE
E CURIOSITÀ ANEDDOTICHE
...
SINTESI BIO-BIBLIOGRAFICA DELL’AUTORE
(con estratti dall’Enciclopedia Italiana Treccani)
lunedì 5 gennaio 2015
4. SENOFONTE. Anàbasis (IV sec. a.E.V.)
SENOFONTE
(ca 430/425 a.E.V. - 355 a.E.V.)
< Anabasi >
(Anàbasis, Grecia, ca 380 a.E.V.)
TITOLO NELLA TRADUZIONE ITALIANA
<< Il quinto giorno raggiungono il monte Teche: i primi ad arrivare in cima vedono il mare, e si mettono a gridare. Senofonte e tutti gli altri della retroguardia sentono gli urli e pensano che l'avanguardia sia stata attaccata da nuovi nemici; essi sono già impegnati con gli abitanti del paese messo a sacco: in feroci scontri ne hanno uccisi parecchi, e altri hanno catturato prigionieri mediante imboscate, impossessandosi di una ventina di scudi di vimini rivestiti di pelli bovine pelose non conciate.
Ma le grida aumentano sempre più, e si fanno sempre più vicine: a mano a mano che i sopraggiunti, ansimando perr la corsa, si uniscono a quelli che sono già in cima e gridano, lo strepito aumenta per l'aumentare del numero delle persone. Senofonte, a questo punto, teme che sia successo veramente qualcosa di molto grave. Monta a cavallo e si muove per portare aiuto, seguito da Licio e da altri cavalieri. Non hanno compiuto molte falcate che sentono i soldati gridare: "Il mare! Il mare!", e li vedono fare ampi gesti di richiamo. Ormai da tutte le direzioni si corre verso la cima: sono le truppe della retroguardia, che si fanno premura di spingere su per l'erta anche le bestie da soma e i cavalli.
Tutti, anche gli animali, sono sulla cima, in vista del mare: ciascuno getta le braccia al collo del vicino, senza distinzioni di grado, mentre dagli occhi di tutti scendono lacrime di gioia irrefrenabili. Poi i soldati, non si sa per suggerimento di chi, erigono un alto cippo di pietre e vi depongono sopra come doni votivi una montagna di pelli di buoi, ancora con il pelo, bastoni e scudi di vimini catturati ai nemici, che la guida per prima comincia a sfasciare, spronando gli altri a fare altrettanto.
I Greci congedano la guida, dopo averla colmata di doni, prendendoli dal bottino comune: un cavallo, un piatto d'argento, un abito persiano e dieci darici. L'uomo ha un debole per gli anelli, e i soldati gliene danno in quantità; poi mostra loro un villaggio dove potersi accampare, e la strada per raggiungere il territorio dei Macroni. Calata la sera, si accomiata e s'allontana nel buio verso il suo villaggio...>>
SENOFONTE, da Anabasi, Libro Quarto, VII: 21, 27 - nella traduzione di Enzo Ravenna, Mondadori, 1984
SCHEDA TECNICA
TITOLO ORIGINALE
Κύρου Ἀνάβασις, traslitterato in Kùrou Anábasis (lett. "spedizione di Ciro verso l'interno")TITOLO NELLA TRADUZIONE ITALIANA
Anabasi
AUTORE
AUTORE
Senofonte (Ξενοφῶν, traslitterato in Xenophôn;
Demo di Erchia, Grecia, ca 430/425 a.E.V. – Corinto, Grecia, ca 355/354 a.E.V.)
STILE, FORMA, CONTENUTO
Demo di Erchia, Grecia, ca 430/425 a.E.V. – Corinto, Grecia, ca 355/354 a.E.V.)
LINGUA ORIGINALE
Greco antico
PERIODO DI COMPOSIZIONE
Secondo la maggior parte degli studiosi tra il 390 e il 380 a.E.V.
(negli anni dell'esilio a Scillunte)
(negli anni dell'esilio a Scillunte)
1^ EDIZIONE ORIGINALE
Probabilmente prima del 380 a.E.V.,
con lo pseudonimo di Temistogene
con lo pseudonimo di Temistogene
1^ EDIZIONE ITALIANA
Codice Senofonteo Vaticano gr. 1335
Editio Princeps I “Giuntina”, Firenze 1516
Editio Princeps II “Aldina”, Venezia 1525
Editio Princeps I “Giuntina”, Firenze 1516
Editio Princeps II “Aldina”, Venezia 1525
ATTUALI (MIGLIORI) EDIZIONI E TRADUZIONI ITALIANE
< Senofonte, Anabasi,
traduzione Enzo Ravenna, Classici Greci e Latini (Oscar Mondadori), 1984 >
< Senofonte, Anabasi,
a cura di Valerio Massimo Manfredi, Arnoldo Mondadori Editore, 2007 >
< Senofonte, Anabasi,
a cura di Franco Ferrari, Biblioteca Universale Rizzoli, 2008 >
< Senofonte, Anabasi-Elleniche,
ediz. integrali a cura di U. Bultrighini e M. Mari, Newton Compton Editori, 2012 >
< La spedizione verso l'interno (Anabasi),
a cura di Dino Baldi, Quodlibet, 2012 >
< Senofonte, Anabasi,
introduzione di Italo Calvino, traduzione di Franco Ferrari, RCS Libri, 2009 >
traduzione Enzo Ravenna, Classici Greci e Latini (Oscar Mondadori), 1984 >
< Senofonte, Anabasi,
a cura di Valerio Massimo Manfredi, Arnoldo Mondadori Editore, 2007 >
< Senofonte, Anabasi,
a cura di Franco Ferrari, Biblioteca Universale Rizzoli, 2008 >
< Senofonte, Anabasi-Elleniche,
ediz. integrali a cura di U. Bultrighini e M. Mari, Newton Compton Editori, 2012 >
< La spedizione verso l'interno (Anabasi),
a cura di Dino Baldi, Quodlibet, 2012 >
< Senofonte, Anabasi,
introduzione di Italo Calvino, traduzione di Franco Ferrari, RCS Libri, 2009 >
GENERE COMPOSITIVO
Storiografia
STILE, FORMA, CONTENUTO
Consta di sette libri e racconta un evento storico vissuto dallo stesso autore nel 401 a.E.V. (in un primo momento solo come “cronista” - era all'epoca già noto come filosofo della Scuola di Socrate e come politico conservatore e filo-spartano - poi come condottiero): si tratta del tentativo da parte di Ciro il Giovane di detronizzare il fratello Artaserse, re dei Persiani, con l'aiuto di diecimila mercenari greci.
Il termine greco anàbasi significa letteralmente “viaggio dalla costa verso l'entroterra”, ed è contrapposto al termine katàbasi, che indica “viaggio dall'entroterra verso la costa” (che in realtà è proprio quello compiuto dai Diecimila per tre quarti dell'opera - diciamo che inizialmente è un'anàbasi, e forse è proprio per questo che l'autore non ha mai corretto il titolo, ma subito diviene katàbasi e resta tale per tutto lo svolgimento della storia. Anzi il vero protagonista invisibile della narrazione è il mare, agognatissima mèta dei Diecimila).
Arnaldo Momigliano - forse il massimo esegeta italiano dell'opera di Senofonte - attribuiva all'autore dell'Anabasi la genesi di un modello di “romanzo storico” che fonde simultaneamente la testimonianza oggettiva in chiave autobiografica e l'apologia, e ne sottolineava insieme l'originalità e la contraddittorietà che influenzerà poi tutti gli storici successivi, soprattutto quelli dell'età ellenistica (in particolar modo gli Stoici, che lo stimano anche come filosofo) e più tardi “dal sec. I l'atticismo lo fa ammirare anche come stilista, sebbene l'atticismo di S. non fosse puro, e talvolta anzi - soprattutto in certe parti delle sue opere anche in ciò inuguali - egli già preludesse alla κοινή linguistica ellenistica”. Ma fra tutti gli epigoni chi ha onorato davvero le lezioni di Senofonte sono stati indubbiamente Giulio Cesare, come storico effettivo (specie nel De Bello Gallico) e Alessandro Magno all'atto pratico, come stratega e conquistatore.
L'Anabasi è un'opera importantissima anche sotto il profilo morfologico-sintattico (non a caso è per antonomasia il testo prediletto dagli insegnanti e dagli studenti di lingua e letteratura greca), per via della sua scioltezza e flessibilità grammaticali, oltre che per la estrema sobrietà narrativa (linguaggio secco, crudo, diretto, senza concessioni all'immaginazione e alla creatività linguistica o alle raffinatezze speculative: “memoriale tecnico di un ufficiale” e “giornale di viaggio”, lo definisce Calvino; “unitario dal punto dì vista del contenuto come dello stile, vivo, con ricchezza di ritratti - che per la prima volta forse entrano in un'opera storiografica - con uno sforzo di realizzare le situazioni materiali e morali dei partecipi senza desiderio di alcun riferimento a più vasti ordini di fatti” lo definisce Momigliano), benché ogni tanto impreziosita da momenti decisamente epici (come la scena famosa della discesa al mare) e per la ricchezza straordinaria di vocaboli “stranieri”, primo e insuperato esempio di fusione linguistica fra Grecia attica e Oriente, il che ne fa un'opera anticipatrice della cosiddetta koinè o “lingua comune” tipica dell'epoca ellenistica e che sarà la lingua par excellence sia di Alessandro Magno che dei biblisti successivi...
L'Anabasi è un'opera importantissima anche sotto il profilo morfologico-sintattico (non a caso è per antonomasia il testo prediletto dagli insegnanti e dagli studenti di lingua e letteratura greca), per via della sua scioltezza e flessibilità grammaticali, oltre che per la estrema sobrietà narrativa (linguaggio secco, crudo, diretto, senza concessioni all'immaginazione e alla creatività linguistica o alle raffinatezze speculative: “memoriale tecnico di un ufficiale” e “giornale di viaggio”, lo definisce Calvino; “unitario dal punto dì vista del contenuto come dello stile, vivo, con ricchezza di ritratti - che per la prima volta forse entrano in un'opera storiografica - con uno sforzo di realizzare le situazioni materiali e morali dei partecipi senza desiderio di alcun riferimento a più vasti ordini di fatti” lo definisce Momigliano), benché ogni tanto impreziosita da momenti decisamente epici (come la scena famosa della discesa al mare) e per la ricchezza straordinaria di vocaboli “stranieri”, primo e insuperato esempio di fusione linguistica fra Grecia attica e Oriente, il che ne fa un'opera anticipatrice della cosiddetta koinè o “lingua comune” tipica dell'epoca ellenistica e che sarà la lingua par excellence sia di Alessandro Magno che dei biblisti successivi...
MENU
(La ripartizione in Libri non fu stabilita da Senofonte, ma fu introdotta successivamente)
SINOPSI
INFLUENZE IMMEDIATE E SUCCESSIVE
(La ripartizione in Libri non fu stabilita da Senofonte, ma fu introdotta successivamente)
Libro Primo (I-X).
Arruolamento dell'armata da parte di Ciro; marcia verso Babilonia e battaglia di Cunassa -
Libro Secondo (I-VI).
Scoperta del reale esito della battaglia con la morte di Ciro; trattative col re Artaserse; tradimento ed uccisione dei comandanti greci -
Libro Terzo (I-V).
Elezione dei nuovi generali; inizio della ritirata dei Diecimila incalzati dai persiani fino alle montagne -
Libro Quarto (I-VIII).
Attraversamento del paese dei Carduchi, poi dell'Armenia dove sono sorpresi dall'inverno, delle terre dei Taochi e dei Colchi ed arrivo al tanto agognato mare a Trapezunte -
Libro Quinto (I-VIII).
Viaggio avventuroso lungo la costa fino a Cotiora -
Libro Sesto (I-VI).
Elezione di un unico comandante supremo (Senofonte stesso); viaggio per mare fino ad Eraclea. Nuovo errare lungo la costa subendo numerose perdite; arrivo a Crisopoli -
Libro Settimo (I-VIII) -
Passaggio al servizio di Seute per aiutarlo a riconquistare il suo regno (Tracia); l'armata vaga tra Salmodissa, Lampsaco e infine Pergamo dove il generale spartano Tibrone ne assume il comando incorporandola alle sue truppe, in partenza per la guerra contro i satrapi persiani Tissaferne e Farnabazo -
SINOPSI
È il resoconto di un fatto di carattere episodico: l'impresa dei diecimila mercenari greci al soldo di Ciro il Giovane, il quale tentò nel 401 di togliere il trono al fratello Artaserse, re dei Persiani. Ma Ciro fu vinto e mori nella battaglia di Cunassa, mentre i comandanti delle truppe greche furono uccisi a tradimento: Senofonte. che aveva partecipato all'impresa a titolo personale o, per dirla con termine moderno, come corrispondente di guerra, si trovò eletto tra i nuovi comandanti e guidò così la ritirata dei diecimila dall'interno dell'Asia Minore fino alle coste del mar Nero. L'opera comprende gli appunti di viaggio da Sardi a Cunassa (libro I) con elementi paesistici e ritratti di alcuni personaggi, come Clearco (il comandante del contingente greco, al quale era stato nascosto il vero scopo dell'impresa): le cause del conflitto tra Ciro e Artaserse sono appena accennate, mentre la battaglia è descritta con chiarezza sia nel modo di schierarsi degli eserciti in guerra sia nelle fasi dell'azione. Drammatiche sono le pagine in cui è descritto il tragico agguato teso da Tissaferne, che fa uccidere i capi del corpo di spedizione greco (libro II); nel libro III campeggia la figura di Senofonte, che sottolinea in forma alquanto vistosa i propri meriti: incoraggiato da un sogno riunisce gli ufficiali superstiti, li rinfranca con un'abile e forte orazione, li esorta a resistere, spiega loro la via e i modi per salvarsi. I libri IV-VII descrivono la marcia di ritorno attraverso numerose vicende e infiniti pericoli, regioni ignote e impervie e popolazioni ostili, fino a quando, il 18 maggio del 400, Senofonte entra con i superstiti a Pergamo e li consegna allo spartano Tibrone. Ci sono bellissime descrizioni, come quella del freddo dei monti e delle intemperie stagionali, o del crollare degli uomini affamati, o della vista del mare dalla cima del monteTeche...
da parodos.it
Soprattutto ha ispirato (nel concreto) le conquiste del più grande condottiero della Storia umana: Alessandro Magno (che ha seguito passo per passo il percorso dei Diecimila e le coordinate strategiche di Senofonte)... Poi, chiaramente, tutti gli storici successivi, dall'età ellenistica fino all'età bizantina, fra tutti in particolare il Giulio Cesare del De Bello Gallico. E non possiamo tener fuori lo storico e politico greco Arriano di Nicomedia (I sec.), autore dell'Anabasi di Alessandro, che rievoca le conquiste di Alessandro Magno e che si rifà, anche stilisticamente, all'Anabasi di Senofonte. E come vedremo qui di seguito, neanche la prosa contemporanea (non solo quella storiografica) e persino il cinema sono riusciti a scampare all'influsso tentacolare dell'Anabasi...
RIEVOCAZIONI RECENTI NELLA CULTURA POPOLARE
E CURIOSITÀ ANEDDOTICHE
1864. Il grande Jules Verne cita l'Anabasi, nel suo celebre romanzo Viaggio al centro della terra, precisamente quando i membri della spedizione del prof. Lidenbrock scoprono un oceano sotterraneo (ribattezzato “mar Lidenbrock”) e gridano “Il mare! Il mare!” come i soldati di Senofonte quando, appunto, trovano il mare...
1953. Mario Rigoni Stern pubblica Il sergente nella neve, sulla Ritirata in Russia degli Alpini nel '43, che Elio Vittorini, presentandolo per la sua collana “I Gettoni” (Einaudi), definisce subito “piccola anàbasi dialettale”. Venticinque anni dopo Italo Calvino scriverà che “i capitoli di ritirata nella neve dell'Anabasi sono ricchi di episodi che potrebbero essere scambiati di peso con quelli del Sergente”...
1965. Il romanziere statunitense Sol Yurick pubblica The Warriors (in Italia I guerrieri della notte), che s'ispira all'Anabasi., e dove al posto dei guerrieri dell'antica Grecia troviamo una piccola banda di quartiere perseguitata da altre gang ben più grosse e pericolose, al posto dell'antico territorio curdo-persiano troviamo New York, e al posto del Mar Nero come agognata mèta di salvezza troviamo Coney Island...
1976. A Senofonte viene intitolato il cratere, appunto, Xenofon, esteso per 25 km sulla superficie della Luna...
1978. La scrittrice angloirlandese Iris Murdoch, anche studiosa di letteratura greca antica, pubblica il romanzo The sea, the sea ('Il mare, il mare' - in Italia tradotto da F. Ascari per Rizzoli, Milano 2003), con cui vince lo stesso anno il Booker Prize. Chiaramente il titolo del romanzo della Murdoch rievoca il celeberrimo grido dei soldati di Senofonte...
1979. Il regista Walter Hill trae dal romanzo di Yurick un film omonimo (stesso titolo originale e stesso titolo italiano, sia il libro che il film)...
1981. Ancora il regista Walter Hill - evidentemente non del tutto pago del successo sia di critica che di botteghino di The Warriors - appena due anni dopo riprende il tema del capolavoro di Senofonte nel film Southern Comfort (In Italia I guerrieri della palude silenziosa), una sorta di riduzione in chiave contemporanea dell'Anabasi, dove si racconta di un gruppo di soldati U.S.A. che penetrano in una foresta della Louisiana per semplici esercitazioni, ma vi si perdono e si ritrovano a vivere una terribile e tragica catena di vicissitudini molto simili a quelle narrate dallo storico greco sulla Spedizione dei Diecimila...
2007. Il ben noto archeogiornalista Valerio Massimo Manfredi pubblica il romanzo intitolato L'armata perduta (Premio Bancarella 2008), che riprende il tema dell'Anabasi, ha un protagonista che si chiama Senofonte, che però non ne è il soggetto narratore, come nell'opera greca, ruolo assunto invece da una donna, Abira, innamorata del protagonista...
SINTESI BIO-BIBLIOGRAFICA DELL’AUTORE
(con estratti dall’Enciclopedia Italiana Treccani)
<< L'Anabasi divenne un modello sia per il suo carattere autobiografico, sia per lo sforzo compiuto per mascherarlo. Gli scritti di memorialisti di epoche posteriori, a partire da Cesare, debbono molto a questa impostazione duplice e in parte contraddittoria... >>
ARNALDO MOMIGLIANO
<<L'impressione più forte che dà Senofonte, a leggerlo oggi, è di stare guardando un vecchio documentario di guerra, come ne vengono ripresentati ogni tanto sullo schermo o sul video. Il fascino del bianco e nero della pellicola un po' sbiadita, con crudi contrasti d'ombre e movimenti accelerati, ci viene incontro spontaneo... >>
ITALO CALVINO
<< E qualunque legge la vita di Ciro scritta da Senofonte, riconosce dipoi nella vita di Scipione quanto quella imitazione gli fu di gloria, e quanto nella castità, affabilità, umanità, e liberalità Scipione si conformasse con quelle cose che di Ciro sono da Senofonte scritte. Questi simili modi deve osservare un Principe savio, nè mai ne’ tempi pacifici stare ozioso, ma con industria farne capitale, per potersene valere nelle avversità, acciocchè quando si muta la fortuna, lo trovi parato a resistere alli suoi colpi... >>
NICCOLÒ MACHIAVELLI
SENOFONTE – Storico ateniese (430 - 354 a.E.V. circa), figlio di Grillo e di Pandora, del demo di Erchia; di famiglia aristocratica, militò (404) contro i democratici di Trasibulo. Fu discepolo di Socrate senza però comprendere appieno l'altezza morale del maestro; del resto non ebbe reale disposizione alla filosofia, né attitudini critiche che potessero farne un vero storico. Fu scrittore piacevolissimo, di grande nitidezza e purità di linguaggio, benché talvolta manchi di vigore. Malgrado l'avviso contrario di Socrate partecipò (401), su invito dell'amico Prosseno, alla spedizione di Ciro il Giovane contro il fratello Artaserse II re di Persia: dopo la rotta di Cunassa ebbe gran parte nella famosa “ritirata dei Diecimila”. Si arruolò poco dopo, coi commilitoni, agli ordini di Tibrone e poi di Dercillida, comandanti del corpo di spedizione spartano in Asia Minore. Sostituito Dercillida da Agesilao (396), partecipò alle sue imprese e lo seguì poi anche in Grecia combattendo a Coronea (394) contro la sua patria Atene, dalla quale era stato esiliato pochi anni prima. Ebbe in dono dagli Spartani un podere a Scillunte nella Trifilia, poi dovette trasferirsi a Lepreo e infine a Corinto. Revocato l'esilio (365 circa), non tornò in Atene, ma per essa combatterono a Mantinea (362) i suoi figli, uno dei quali, Grillo, vi morì. La prima opera storica di S. è l'Anabasi (Κύρου ἀνάβασις), memorie militari, precise e accurate, della spedizione cui S. aveva partecipato nel 401: in parte si collegano ad esse le Elleniche (῾Ελληνικά), in 7 libri, in cui sono narrate le vicende dei Greci dal 411 (anno in cui terminava l'opera di Tucidide) al 362 (Battaglia di Mantinea). In quest'opera, come del resto in quasi tutti gli scritti di S., è sempre espressa, con sincera onestà, l'ammirazione dello scrittore per Sparta e l'avversione per la democrazia ateniese: atteggiamento questo che, indubbiamente, ha determinato gravi limiti all'oggettività dello storico. La Costituzione degli Spartani (Λακεδαιμονίων πολιτεία) è l'esaltazione della legislazione di Licurgo assunta come paradigma d'ogni buona costituzione. Le opere cosiddette socratiche, l'Apologia di Socrate (᾿Απολογία Σωκράτους), il Simposio (Συμπόσιον), e i Detti memorabili di Socrate (᾿Απομνευμονεύματα Σωκράτους), sono ben povera cosa e ci rappresentano il filosofo rimpicciolito e immeschinito, per dir così, a immagine e somiglianza di S.: esse sono posteriori e incomparabilmente inferiori all'Apologia e al Simposio di Platone. Il Gerone (Γέρων) è stato scritto forse nel 366 per Dionisio II di Siracusa al fine di chiarire il valore della tirannide come forma di governo illuminato, se esercitata con comportamenti rispondenti alle esigenze dei cittadini; analoga è la tendenza della Ciropedia (Κυροπαιδία - 'Educazione di Ciro'; è Ciro il Vecchio, fondatore della monarchia persiana), romanzo storico con forte connotazione etico-politica in cui l'idealizzazione di quel sovrano, si concreta nella delineazione di una monarchia illuminata. L'Agesilao (᾿Αγησίλαος) è una biografia laudativa del re spartano scritta poco dopo la sua morte (360); l'Economico (Οἰκονομικός) è un elogio della vita familiare e agreste; le Entrate (Πόροι) sono un invito ad Atene affinché nel proprio interesse riorganizzi lo sfruttamento delle miniere del Laurio. Sono tra il tecnico-militare e il pedagogico l'Ipparchico (῾Ιππαρχικός), sul comandante di cavalleria, e l'Equitazione (Περὶ ἱππικῆς), dubbia l'autenticità del Cinegetico (Κυνηγετικός), un elogio della caccia; generalmente negata quella di una Costituzione degli Ateniesi, tramandata tra le sue opere.
da Treccani.it - L'Enciclopedia Italiana
domenica 4 gennaio 2015
3. THOMAS STEARNS ELIOT. The waste land (1922)
THOMAS STEARNS ELIOT
(1888
- 1965)
<
La terra desolata>
(The
waste land, U.S.A., 1922)
<< Città irreale,
Sotto la nebbia bruna di un’alba d’inverno,
Una gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta,
Ch’io non avrei mai creduto che morte tanta n’avesse disfatta.
Sospiri, brevi e infrequenti, se ne esalavano,
E ognuno procedeva con gli occhi fissi ai piedi.
Affluivano su per il colle e giù per la King William Street,
Fino a dove Saint Mary Woolnoth segnava le ore
Con morto suono sull’ultimo tocco delle nove.
Là vidi uno che conoscevo, e lo fermai, gridando: “Stetson!
“Tu che eri a Mylae con me, sulle navi!
“Quel cadavere che l’anno scorso piantasti nel giardino,
“Ha cominciato a germogliare? Fiorirà quest’anno?
“Oppure il gelo improvviso ne ha danneggiato l’aiola?
“Oh, tieni il Cane a distanza, che è amico dell’uomo,
“Se non vuoi che con l’unghie, di nuovo, lo metta allo scoperto!
“Tu, hypocrite lecteur! – mon semblable, – mon frère... >>
THOMAS STEARNS ELIOT, The waste land, I. 'The burial of the dead', vv. finali - nella traduzione di Roberto Sanesi (1961)
SCHEDA TECNICA
TITOLO
ORIGINALE
The
waste land
TITOLO
NELLA TRADUZIONE ITALIANA
La
terra desolata
AUTORE
Thomas
Stearns Eliot
(Saint Louis, U.S.A., 26 settembre 1888 - Londra, G.B., 4 gennaio 1965)
(Saint Louis, U.S.A., 26 settembre 1888 - Londra, G.B., 4 gennaio 1965)
LINGUA
ORIGINALE
Inglese
PERIODO
DI COMPOSIZIONE
Tra dicembre 1921 e gennaio 1922,
presso una clinica psichiatrica a Losanna, Svizzera,
dov’era stato ricoverato per un forte esaurimento
nervoso
1^
EDIZIONE ORIGINALE
Ottobre
1922 sulla rivista britannica The
Criterion (senza le Note);
Dicembre
1922 in volume (con le Note) per Boni & Liveright Publishers, N.Y., U.S.A.
1^
EDIZIONE ITALIANA
Nel 1932, sulla rivista genovese Circoli, nella traduzione di Mario Praz (che apparirà in volume nel '49)
ATTUALI (MIGLIORI)
EDIZIONI E TRADUZIONI ITALIANE
< T. S. Eliot, La terra desolata, Frammento di un agone, Marcia trionfale,
traduzione e a cura di Mario Praz,
Ed. Fussi, Firenze 1949 - poi Einaudi, Torino, 1963 >
Ed. Fussi, Firenze 1949 - poi Einaudi, Torino, 1963 >
< T. S. Eliot, Poesie,
prefazione e traduzione di Roberto Sanesi,
Bompiani, Milano 1961 >
Bompiani, Milano 1961 >
< T. S. Eliot, La terra desolata,
introduzione e traduzione di Alessandro Serpieri,
Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1982
Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1982
(questa è l'unica edizione italiana "integrale", cioè includente
sia la versione originale che quella attuale) >
GENERE
COMPOSITIVO
Poesia
STILE, FORMA, CONTENUTO
Nella stesura originale il poemetto era piuttosto lungo, pleonastico e prolisso – fu l’amico, connazionale e Maestro Ezra Pound, al quale Eliot inviò il dattiloscritto, che revisionò e ridusse l’opera di parecchi versi (com’è nella sua forma attuale - Pound stesso definì questo drastico taglio come “operazione cesarea”). Eliot fu soddisfatto dell’intervento poundiano al punto di dedicargli nel ‘23 The waste land quale “al miglior fabbro” (espressione presa da Dante, che chiamava così il poeta provenzale Arnaut Daniel nel Canto XXVI del Purgatorio). Per chi voglia approfondire, è oggi facilmente reperibile la versione originale - insieme a quella attuale, nell’edizione curata e tradotta da Alessandro Serpieri per Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1982.
È significativo il titolo: la terra desolata altro non sarebbe che la terre gaste dei poemi epici cavallereschi: un territorio quindi “desolato”, appunto, che conduce i cavalieri al Graal (tra i simboli più ricorrenti nel poemetto), qui “modernizzato”, ovvero applicato al mondo moderno - in chiave “neodecadente” (Eliot era un grande estimatore della poesia simbolista francese, cui attingeva a piene mani, prima di approfondire Dante, la poesia provenzale, la filosofia orientale - grazie a Pound - e la mistica cristiana - grazie alla propria improvvisa conversione alla Chiesa Anglicana); cioè al posto di cavalieri, draghi, lebbrosi e damigelle troviamo qui tutta una sequela di personaggi decisamente contrastanti, tra il Mito (p.es. Flebas il Fenicio, l’indovino Tiresia, il Re Pescatore, Odisseo, i vari echi dall’antico Giudaismo, dai Veda, dalla Commedia dantesca, dalle tragedie shakespeariane, dalla poesia romantica inglese, dall’epopea omerica, e via dicendo) e la grigia opaca modernità, rappresentata da impiegati di banca infoiati di capitale, cittadini mediocri, borghesi falliti e aristocratici declassati (alterego dei vari precedenti personaggi eliotiani: Sweeney, J. Alfred Prufrock, Klipstein, Krumpacker, Burbank, Bleistein, Doris, etcetera); personaggi trattati con la stessa enfasi sarcastica e “metropolitana” di autori da Eliot sempre amati - anche dopo la conversione - quali Baudelaire e Laforgue. Quindi al centro di tutto il poema vi è la crisi della civiltà occidentale, la caduta dei valori determinata sia dalla disastrosa (appena conclusasi) Prima Guerra Mondiale e sia dal fallimento della “modernità” (secondo i modelli di allora: quello sovietico “iperindustrializzato” e quello statunitense “iperconsumistico”) - riproposta con toni decisamente scettici e “antimoderni” (Eliot si definiva <<classicista in letteratura, monarchico in politica e anglo-cattolico in religione>>) che ricordano non poco la filosofia di Evola e Guénon (che proprio in quegli anni cominciavano a pubblicare), anche se, paradossalmente, Eliot sarà il poeta più rappresentativo del cosiddetto “modernismo” inglese (ruolo probabilmente ereditato dal suo ingombrante Maestro, l'avanguardista, repubblicano/repubblichino e orientalista Ezra Pound)…
Lo stile di The waste land è quello tipico del “modernismo”, appunto, e che poggia soprattutto sulla teoria eliotiana del “correlativo oggettivo” (<<Una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un'emozione particolare>> - è noto l’enunciato eliotiano a proposito dei poeti metafisici inglesi del Seicento: <<Bisogna sentire come loro il proprio pensiero immediatamente come il profumo d'una rosa>>): mix di simboli, di termini mutuati da altre lingue e idiomi, di differenti registri verbali e sintattici (dal più ‘aulico’ al più ‘rozzo’ – Non a caso, inizialmente The waste land avrebbe avuto tra i suoi probabili titoli He Do the Police In Different Voices = ‘Egli fa la polizia con voci diverse’, citazione dal romanzo Our mutual friend di Dickens, proprio per indicare la “pluricoralità” del poemetto); quindi un silenzio desolante che contrasta con un parlottìo continuo e incessante (più o meno come l’immediata percezione del lettore di fronte all’Inferno dantesco); citazioni (o “furti” come le chiama Eliot - secondo uno dei principî fondamentali del canone eliotiano <<il poeta maturo ruba, il poeta dilettante imita>>) da altre opere – per far rivivere in un perpetuo divenire e in una vorticosa decontestualizzazione il Passato nel Presente e il Presente nel Passato; distacco dell’autore da emozioni e sentimenti o quel metodo impersonale ereditato da Flaubert e Baudelaire (e soprattutto da Rimbaud: <<Je est un autre>>) che ha dominato su tutta la letteratura del Novecento; paralleli o fusioni tra letteratura, mito, antropologia, filosofia e psicanalisi; ripudio dei modelli romantici e recupero del barocco-metafisico; la conversione della parola in immagine attraverso l’uso di sintesi, oggettività e concisione che conducano a un’espressività immediata, tout-court, il percorso ‘pensiero/parola/immagine’, secondo i canoni dell’imagismo poundiano (un po’ più avanti il fedele discepolo Hart Crane scriverà <<the imaged word it is>> = ‘è la parola fatta a immagine’), che poi rievoca il “lampo di luce” dello haiku cinese, di cui Pound fu tra i massimi esperti del Novecento; l’analogia con le tecniche cinematografiche (il cinema proprio in quegli anni è nella sua fase più “sperimentale” e “di ricerca”), magari con l’uso del flashback e del flashforward, il cambio continuo di campi, il sincronismo tra personaggi ed eventi reali o immaginari provenienti comunque da epoche, luoghi e culture differenti, etcetera.
The waste land è suddivisa in cinque movimenti, come in un quartetto musicale (prerogativa che ritornerà nell’ultimo capolavoro di Eliot, Four Quartets): I. The burial of the dead (‘La sepoltura dei morti’) / II. A game of chess (‘Una partita a scacchi’) / III. The fire sermon (‘Il sermone del fuoco’) / IV. Death by water (‘La morte per acqua’) / V. What the thunder said (‘Ciò che disse il tuono’)
Infine, tra i principali elementi che determinarono la gestazione di quest’opera, fu lo studio dell’antropologia - soprattutto quella legata al ritualismo magico, mitico e religioso - che Eliot intraprese nella clinica psichiatrica sul Lemano; due antropologi in modo particolare hanno ispirato Eliot: James Frazer, col suo capolavoro The Golden Bough: A Study in Magic and Religion (1915), che è a tutt’oggi la “bibbia” per antonomasia per tutti gli studiosi di antropologia magico-religiosa in tutto il mondo, e la meno nota Jessie Weston, col suo From ritual to romance (1920), che esamina i racconti del cosiddetto Ciclo Arturiano e la ricerca del Graal in rapporto agli antichi rituali della fertilità e della Dea Madre.
In sintesi, quindi, The waste land è ciò che potremmo definire una “opera totale”, come d’altronde è tipico di tutti i grandi poemi della Storia, dall’epopea omerica al Bhagavadgītā, dalla Commedia dantesca alla Recherche, dalle Illuminations di Rimbaud ai Cantos di Pound, dalla Comédie balzachiana all’Ulysses di Joyce, e via dicendo; nonché è tipico del cinema: ovvero un’opera dove l’Autore cura nei minimi dettagli ogni cosa, dalla parola all’immagine al suono, dal senso al significato, dalla percezione sensoriale alla penetrazione interiore, dalla più raffinata concettualizzazione alla più mera quotidianità, dalla filosofia alla lista della spesa, dal verso aulico all’insinuazione intimistica e persino alla citazione pornografica (come per esempio nell’Ulysses joyciano), dove più o meno tutti i campi dello scìbile e dell’esistenza umana sono chiamati in causa e vivono in perfetta simbiosi, dove davvero si può sentire il proprio pensiero immediatamente come il profumo d'una rosa, per dirla con lo stesso Eliot…
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I. The burial of the dead (La sepoltura dei morti) -
II. A game of chess (Una partita a scacchi) -
III. The fire sermon (Il sermone del fuoco) -
IV. Death by water (La morte per acqua) -
V. What the thunder said (Ciò che disse il tuono) -
INFLUENZE IMMEDIATE E
SUCCESSIVE
Tutta la letteratura mondiale del Novecento - per lo meno è in buona parte debitrice, nel bene o nel male, in poesia alla Scuola Simbolista francese e a Eliot e Pound, in prosa a Proust e a Joyce - in Italia, soprattutto l'amico/nemico (estimatore/detrattore) Montale. È davvero difficile stabilire quali autori e quali scuole e correnti siano stati maggiormente influenzati, quali opere siano state maggiormente pregnate, sia nella poesia e sia nella critica letteraria (quindi nella prassi e nella teoria) Eliot e Pound sono stati fondamentali, determinanti, onnicoinvolgenti, decisamente dominanti, spesso persino ingombranti. E se aggiungiamo che quest'opera è assolutamente il capolavoro (insieme ai Quartetti) di Eliot, proviamo a pensare quanta influenza abbia avuto sulla poesia del nostro secolo (e quanta ancora ne avrà)...
RIEVOCAZIONI
RECENTI NELLA CULTURA POPOLARE
E CURIOSITÀ ANEDDOTICHE
Anni Sessanta. L'erudito nuorese Antonio Mura (1926 - 1975) traduce in lingua sarda The waste land, che diventa Sa terra desolada...
1969. L'ottava traccia, April, dell'album omonimo (il terzo) dei Deep Purple è dedicata al capolavoro eliotiano, più precisamente al I movimento The burial of the dead, che appunto inizia col celeberrimo tormentone lirico <<April is the cruellest month...>>...
1973. I Genesis omaggiano Eliot e il suo The waste land citando Tiresia, nel brano The Cinema Show, settima traccia del concept Selling England by the pound...
Alcuni versi dell'opera vengono riportati durante la sequenza nel deserto del videogioco Uncharted 3...
1982 - 2012. Lo scrittore americano Stephen King genera la saga The dark tower, ispirandosi alla Terra desolata, oltre che ai romanzi di Tolkien e alla poesia di Browning...
Anni 2000. L'incredibile Nanni Falconi, autentico pastore sardo di Pattada e contemporaneamente instancabile scrittore, conferenziere e traduttore dall'inglese in lingua sarda, ripete l'operazione di Antonio Mura, traducendo The waste land stavolta in sardo logudorese (Mura l'aveva tradotta in sardo nuorese), sempre come Sa terra desolada. Altre opere dello stesso Eliot tradotte in limba da Falconi: Four Quartets (Batoro Cuartetos), The love song of J. Alfred Prufrock (Su cantigu de amore de J. Alfred Prufrock), oltre a Heart of darkness (Coro de iscurigore, 2003) di Joseph Conrad...
SINTESI
BIO-BIBLIOGRAFICA DELL’AUTORE
(con estratti
dall’Enciclopedia Italiana Treccani)
<< Nel 1922, in The Waste Land, Eliot aveva dato espressione al consapevole disorientamento di un'epoca che, iniziatasi colla prima guerra mondiale, può dirsi duri tuttora e non si saprebbe meglio definire che col titolo di un volume dell'Auden, The Age of Anxiety, l'epoca dell'ansia. The Waste Land chiudeva il suo barbarico edificio con alcuni frammenti di poeti del passato, vestigia di una nobile e secolare tradizione di cultura, e con la dichiarazione: “Con questi frammenti io ho puntellato le mie rovine”. The Waste Land voleva essere insomma un edificio di bassa epoca deliberatamente eretto sull'Ultima Thule del pensiero europeo, proprio al limite della desolazione incombente che minacciava di travolgere ogni traccia d'una cultura secolare... >>MARIO PRAZ
<< Che genere di poesia è mai questa? Eliot, erede dell’alta tradizione poetica europea, è l’anello di quella catena di poeti situati tra Poe e Coleridge fino agli ultimi poeti francesi post-surrealisti: un lirico essenziale che scrive in dieci parole quello che i poeti romantici non avrebbero scritto in cento (...) T. S. Eliot ha un tono da grande poeta ma in lui musica e pensiero stentano spesso a mettersi d’accordo. La Terra desolata mi pare unita solo esteriormente, cucita con lo spago... >>
EUGENIO MONTALE
“ ”
<< È un conforto incontrare un'opera d'arte compiuta; spontanea malgrado la sua sottigliezza intellettuale, e priva di ogni pretesa. Si può tranquillamente paragonare l'opera di Eliot con qualsiasi opera poetica scritta in francese, inglese o americano dopo la morte di Jules Laforgue. Il lettore non troverà nulla di meglio, e sarà estremamente fortunato se potrà scoprire molte opere che abbiano metà della perfezione che è in Eliot. (...) Vorrei che il lettore notasse quant'è completa la pittura che Mr. Eliot fa della nostra condizione contemporanea. Egli non si è limitato al ritratto di genere o di società. I suoi “lonely men in shirt-sleeves leaning out of windows” sono altrettanto reali delle sue signore che “come and go / talking of Michelangelo”. I suoi “dormitori pubblici” sono altrettanto “lì” come le sue “four wax candles in the darkened room, / four rings of light upon the ceiling overhead, / an atmosphere of Juliet's tomb”. E, soprattutto, non vi è retorica, sebbene vi siano, nello sfondo, delle letture degli elisabettiani. Fossi un critico francese, esperto nella loro arte elaborata di scrivere dei libri su altri libri, probabilmente andrei discutendo a lungo dei due tipi di metafore dello Eliot: il suo suggerimento semironico, sempre adeguato, e del tutto impossibile ad apprendersi come reale, e la sua precisa e concretamente apprendibile pittura. Sarebbe possibile indicare il suo metodo di esprimere tutta una situazione e metà di un personaggio con tre parole di una frase citata; la sua costante vividità, il suo unire una sottilissima acutezza di osservazione con la sorpresa inaspettata di un cliché rovesciato con effetto sarcastico. È comunque estremamente pericoloso indicare questi espedienti. Il metodo è tutto di Eliot, ma non appena si riduce anche una minima parte di esso ad una formula, qualcun altro, non Mr. Eliot, qualcun altro che manca del tutto delle sue abilità, cercherà subito di far poesia scimmiottando i suoi procedimenti esteriori. E questo imprecisato "qualcuno", inutile dirlo, ne farà un pasticcio... >>
EZRA POUND
da Treccani.it - L'Enciclopedia Italiana
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